Malattia Mentale, il lavoro è una cura. Clarabella è un modello da seguire

Lavoro, medicina mentale

Indelicato: cala la necessità di ricoveri quando si trova un’occupazione

 

Il lavoro è tra le cure migliori per chi soffre di malattia mentale. Ne sono convinti gli operatori che ieri si sono confrontati alla tradizionale conferenza sulla salute mentale. La pratica insegna che, per ridurre i ricoveri, servono casa, lavoro e inclusione sociale.

Malattie mentali e lavoro possono convivere. Anche ad alti livelli. È l’esperienza che lo certifica, ormai da anni. Ma dimenticate l’idea dei «lavoretti», spesso più simbolici che altro. «Capiamoci, io non parlo di lavori dell’asilo ma di un impiego vero — dice Andrea Materzanini, direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Asst Franciacorta – Penso ad esempio alla produzione di un vino Docg, scelto dalla guida Slow Wine», che ha ottenuto il riconoscimento di «Vino Slow 2019»: una stella al merito per la Cantina Clarabella Franciacorta che ha prodotto «180», il Millesimato dosaggio zero che ricorda il numero della legge Basaglia del 1978, la stessa che superò la logica dei manicomi-prigione. Materzanini pensa anche ad Agrottica, il «laboratorio della riconversione del pesce usato da ristoranti stellati. Ma io parlo anche di agriturismo». Tutti esempi che provengono dall’esperienza concreta del Consorzio Cascina Clarabella di Corte Franca, soggetto cooperativo che da anni, in collaborazione con l’Azienda ospedaliera di Chiari e di Iseo, si occupa del disagio psichico e delle persone che ne soffrono. Lo fa sul territorio, continuando a tessere una rete che si nutre di lavoro e inclusione sociale: tutti elementi che hanno un forte valore terapeutico.

Se ne è parlato ieri pomeriggio nella sede dell’Ats di Brescia, durante l’annuale conferenza sulla salute mentale. Il focus era centrato sul «benessere e sulla qualità della vita». E sui «percorsi possibili». La stessa Annamaria Indelicato, direttore sociosanitaria dell’Agenzia, conferma un’evidenza scientifica ormai assodata in letteratura: coloro che hanno seguito percorsi per migliorare il proprio vissuto quotidiano hanno poi visto diminuire la necessità di ricoveri. «Certamente, in tutte quelle azioni che vengono realizzate all’interno dei percorsi assistenziali, si vede che una maggior qualità della vita migliora lo stato di salute. Magari non potrà guarire – spiega il direttore sociosanitario –, però diminuisce i problemi, anche sul fronte della cura stessa».

Lo psichiatra Materzanini invita a non dimenticare che sono «tre i fattori che influenzano la prognosi di una patologia mentale: avere una casa, un lavoro, una rete sociale. Occuparsi di queste cose significa evitare molti ricoveri». Lui lo tocca con mano da anni. I servizi per il disagio psichico sono certamente uno dei compiti più importanti dell’attività di Ats e Asst, ma è importante anche «costruire i passaggi tra la malattia e la salute». Come fa l’Asst Franciacorta. Si prenda ad esempio un ragazzo affetto da schizofrenia: «Se considero che sia capace di avere un impiego, allora devo trovare un posto che gli offra un lavoro – dice Materzanini –, che lo paghi e che provveda ad un’inclusione sociale che poi è l’obiettivo della nostra terapia». I farmaci sono quindi essenziali, ma lavoro e rete sociale sono forse più decisivi. «Migliorano la prognosi. Lavorare equivale alla dignità di avere uno stipendio con il quale, schizofrenia o meno, si può avere una vita sociale».

“Materzanini I farmaci sono importanti, ma casa, lavoro e rete sociale sono forse più decisivi È essenziale raggiungere un’inclusione sociale

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